Tanto domani non mangio. Apologia della bugia da sindrome premestruale.

Carissime fanciulle e carissimi maschietti (perchè so che ce n’è qualcuno che mi legge sempre),

stavo facendo la conta dei buoni propositi caduti in battaglia e mi è balenata tra i neuroni, tra una facezia e un bigodino, una frase che torna ripetutamente nella mia vita: TANTO DOMANI NON MANGIO.

Buuuuuh.

Il re di tutti i miei luoghi comuni (e anche di quelli sconosciuti), il giullare della mia personalissima corte, il Terminator di ogni buona speranza, l’apoteosi di ogni fandonia. La cazzata delle cazzate insomma.

Alzi la manina chi non l’ha mai detto. Anche solo pensato. 

Sono un po’ orba, ma di manine alzate dai telefoni, tablet o pc io non ne vedo.

Il “tanto domani non mangio” è una filosofia di vita, un modus vivendi che si palesa ogni mese. Il caso più eclatante è infatti quello della sindrome premestruale, momento in cui ogni donna arriverebbe a barattare il suo bellissimo e Instagrammatissimo gattino per un vasetto di Nutella e un sacchetto di patatine. Un po’ come la storia di quello che si era venduto la primogenitura per un piatto di lenticchie.

La storia si ripete sempre seguendo lo stesso schema:

  • Nevrosi
  • Dolori vari
  • Nevrosi
  • Fame
  • Fame
  • Fame
  • Dolori vari
  • Nevrosi
  • Capelli in disordine
  • Fame
  • Fame
  • Fame
  • Fame
  • Fame
  • Ovvio mal di pancia
  • Brufen
  • Catalessi

Che poi, questa fame, non è neanche vera fame. È ferocia umanizzata. È qualcosa che, quando apriamo frigo e mobili vari, ci fa assomigliare a Carrie lo sguardo di Satana. 

E se poi qualcuno ci fa notare che stiamo un tantino esagerando, che potremmo sentirci male e aver bisogno di una lavanda gastrica, le conseguenze sono facilmente immaginabili dato che la sindrome premestruale ci fa anche dono della grazia e della magnanimità di Hitler e di una spiccata signorilità nelle reazioni che di spiccato ci sarebbe solo il volo che il malcapitato umano di turno vorrebbe farci prendere.

A questo punto, con molta onestà, a me restano pochi dubbi sulla natura del mio gonfiore premestruale. E me ne restano ancora meno sul correre ad indossare all’istante la tuta più vecchia e comoda che possiedo nell’armadio, sperando che non bussi alla porta Carla Gozzi per cambiarmi il guardaroba.

Tanto domani non mangio, no?

Con affetto,

Anna e le sue tute

 

You may also like

3 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *