Tre cose (imbarazzanti) che mi sono successe a Bologna.

Vivo a Bologna dal 2009 e in questi anni ho imparato ad apprezzarne vizi (non tanti a dir la verità, vizi belli sì), virtù (tante, secondo me) e cose bizzarre (innumerevoli). Diciamo che è uno di quei posti in cui anche se non sei un osservatore osservatorissimo riesci a metterti in tasca tante cose da guardare e riguardare negli anni.

A Bologna la gente è “strana” e non se ne preoccupa. Sono strani i bambini perfettamente autonomi, sono strani i giovani così vogliosi di comunicare, sono strani gli umarell (gli anziani con le mani dietro la schiena che osservano i lavori in corso) ed è meravigliosamente strana la zeta sibilante che sembra fatta apposta per ballare una mazurka (fatemi sentire quella zzzzeta su!) dopo una crescentina alla Festa dell’Unità.

A me Bologna piace un sacco. Mi perdo nel guardarla e mi ci rannicchio come tra le ciglia di un burrone (burroso). Forse perchè sono strana. O forse no. Certo è che a Bologna qualche cosa strana è capitata anche a me. Ve ne racconto tre, perchè ancora non ho perso tutto il senso del pudore.

• “SOCC, LEI LÌ IL FREDDO NON LO PATISCE MICA!“: questa è una storia imbarazzante, che ancora oggi mi fa ridere, arrossire e controllare sempre il popò (mia nonna lo chiama così, ma sui suoi vocaboli ci torno un’altra volta perchè l’argomento merita). Era inverno e faceva freddo, freddo davvero, non quello da 12 gradi, ma quello da parecchio sotto lo zero (sempre da leggere alla bolognese). 

Esco, cammino e sento un umarell esclamare all’amico, altro umarell, quella frase a due passi da me. Per puro caso mi tocco il giaccone e sento un malloppo proprio sopra il mio popò. No, non è quella cosa lì. Ero “semplicemente” uscita col popò scoperto, alla mercè degli sfottò di chiunque mi passasse accanto. Da quel giorno ho sperato che la nebbia di Bologna mi circondasse o che almeno non si pensasse che fosse il mio popò ad oscurare il sole.

cose imbarazzanti a Bologna

• “PAGARE SULL’UNGHIA“: avete presente il modo di dire popolare? Ecco, a me è successo davvero, ma non in senso figurato. Non sarebbe stato cosi imbarazzante altrimenti.

Insomma, la storia è la seguente. Stazione ferroviaria di Bologna. Mi fiondo dal tabaccaio per prendere un biglietto per l’autobus. Il giorno prima mi si era spezzata un’unghia, così avevo messo un cerotto per non scartavetrarmi quel che mi rimaneva della falange. Estraggo dal portafogli una banconota da 5 euro e pagando mi resta il cerotto attaccato ai soldi. Un bel cerotto dai bordi smollati che mi aveva abbandonato. Come la dignità.

cose imbarazzanti a Bologna

• “SCIVOLA VAI VIA“: oltre ad essere una canzone del mio amatiiiiiissimo ed inseguitiiiiissimo Vinicio (sì, l’ho inseguito per estorcergli una carezza, sempre qui a Bologna, ovviamente), Scivola vai via rappresenta una mia paura paurissima, quella di cadere. Che io già ho le ossa che fanno crik e crok come pare a loro, figuriamoci se mi ci schianto su.

Era un giorno di neve, anzi, erano tanti giorni che nevicava. I centimetri a Bologna si accatastavano uno sull’altro murando le macchine per un paio di settimane ed oltre.

Il guaio di quando nevica così tanto è che la neve a terra inizia a ghiacciarsi, formando dei lastroni che urlano “scivolavaivia, scivolavaivia, scivolavaivia“. Ma non vai via, resti lì, a farti guardare mentre sei incapace di muovere anche solo un microminimuscolo. Ed io sono rimasta lì. Facendo finta di parlare al telefono per non so quanto, come quando mi scappa la pipì e non posso muovermi.

Se sei fortunato gli osservatori spariscono. Se non lo sei, ti chiami Anna e, o scivoli e vai via o resti e diventi una scultura di ghiaccio e vergogna.

cose imbarazzanti a Bologna

You may also like

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *