Tra i Signori del Barbecue e l’Osteria del Povero Diavolo: sono cotta a puntino.

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Il mio, è un bel lavoro.

Oltre al privilegio di poter costruire storie e raccontare le realtà più disparate attingendo alle parole più belle, ho l’immensa fortuna di poter conoscere genty, andare ad eventi, abbracciare amici, condividere esperienze, scegliere il modo migliore per definire a parole il legame tra tutte queste cose e proporlo a voi come se fosse la favola più bella di sempre. Mica poco, eh.

In queste occasioni, ho anche un altro immenso privilegio: mangiare.

Piatti buonissimi. Piatti bellissimi. Piatti così dettagliati che raccontarli mi impone quasi una sbronza verbale.

(defibrilliamola-la-stiamo-perdendo)

Mangiare, dicevo.

Ieri pomeriggio, grazie all’invito di Carlo Vischi, sono stata a trovare Gianni Guizzardi e sua moglie Magda, i Signori del Barbecue, presso la sede di Athos Guizzardi, a Casalecchio di Reno. L’occasione era quella di una grandissima festa, lunga ben sette giorni, per fermare tra amici vecchi e nuovi i 70 anni di attività.

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Insomma, una sorta di lascia o settuplica.

Sette giorni di festa per sette chef al giorno (quindi 49 in totale) che si sono divertiti nella costruzione di piatti pensati apposta per rappresentare il decennio del giorno.

Una figata. Posso dirlo?

Ho visitato il negozio, visto vecchie foto, scoperto il brevetto del nonno Guizzardi, chiacchierato molto e dispensato sorrisoni.

E no, non ero sbronza, benchè affetta da una logorrea quasi etilica che ubriaca più chi mi deve ascoltare, in realtà.

Concluso il nostro tour, la serata ci ha riservato una piacevolissima sorpresa.

Tra uno sguardo a San Marino e un altro ad una non precisata balera della riviera romagnola, Torriana ci ha accolto silenziosamente eppure così sinuosamente da sembrare quasi una bella donna che aspetta di farsi dire che è davvero sorprendente.

La meta era l’Osteria del Povero Diavolo, ristorante accogliente e di gusto che si fregia di avere come chef Pier Giorgio Parini, 38enne romagnolo stellato dal talento timidamente prorompente.

Parini non è quello che qui si definisce sborone, anzi. È uno di quei rari casi di silenziosa maestria tutta anima e cervello. Un occhio alla tradizione e uno all’innovazione, con la certezza di una storia raccontata piatto dopo piatto, senza ostentazione ma con la consapevolezza di una certa importanza.

Lo chef osa, guarda la luna oltre il dito e non teme di rimanere sconvolto da ciò che potrà trovarvi di nuovo. Decide di studiarne la lingua e il linguaggio, di bendarsi e accarezzarla per carpirne le fattezze senza altri condizionamenti. La annusa, se ne inebria e poi te la regala.

È uno storytelling gastronomico di impatto ma non forzato. È naturale e naturalmente familiare, quasi, nonostante la ricercatezza dei gusti e della materia prima.

La cosa più bella, però, sapete qual è?

Che Parini è bravo, davvero, ma ancora non lo sa totalmente. E il suo approccio socratico alla cucina lo rende umanamente sovrumano.

E anche molto simpatico.

#mihiplacet

parini
Spaghetti alla chitarra al cipresso con vongole e bottarga di pesci d’acqua dolce
parini
Cestino di meringa con erbette croccanti e cioccolato bianco

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2 commenti

  1. Torno a leggerti dopo un breve periodo di latitanza da queste pagine (mea culpa!) e trovo questo, che, secondo il mio umilissimo parere, è uno dei tuoi post più riusciti. Bellissimo.

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