Che forma hanno le lettere?

la forma delle lettere

Quante parole pronunciamo ogni giorno? Quante ne scriviamo sui social? Quante storie raccontiamo? Quanti frammenti di noi lasciamo in giro così che chi passa dalle nostre parti possa raccoglierli e, forse, rimetterli anche a posto?

Raccontiamo storie d’amore e di guerra, lasciamo messaggi beffardi, scassiamo i maroni al prossimo lamentandoci della qualunque, facciamo dichiarazioni di redditi di felicità e dribbliamo tra le anime caciarone prendendo a calci l’infelicità usando le parole come fossero maschere.

Ma di cosa sono fatte le parole? Della stessa sostanza dei sogni, certo, dei bisogni, spesso, dei pegni, dei pugni, dei pigli, dei cigli, dei cipigli.

Le parole, così come noi uomini abbiamo un alfabeto fatto di carne, ossa, muscoli, nervi e legamenti, sono fatte di lettere. E le lettere, secondo me, hanno una storia che non è proprio quella dei manuali di linguistica, glottologia o grammatica.

  • A: la lettera dell’amore. Ha gambe forti per sorreggere e un trattino che le unisce perché possano sempre avere un sostegno.
  • B: due guance morbide morbide su cui si posano i baci. O due pance, che accolgono le emozioni.
  • C: come coccole. Non ha gambette perché le coccole non hanno gambe ma braccia che avvolgono. Abbraccia ma lascia un varco, come le coccole più belle.
  • D:  un suono panciuto che dà un colpetto alla lingua. Un po’ rassicura, un po’ ti scuote.
  • E: un’asta che sorregge i segmenti che legano i pensieri. La congiunzione degli intenti e delle intenzioni. Mai forma fu più azzeccata.
  • F: i 2/3 di una E. Come i forse. Un legame incompiuto.
  • G: la gola che gorgoglia, le gote piene di gelato, la gioia che gorgheggia. Ti accoglie e ti fa giocare.
  • H: le colonne che reggono i silenzi. Ché a volte ce n’è bisogno. C’è pure una panchina su cui sedersi a godersi la vastità del ca… nto del silenzio.
  • I: qui, lì, sì, quanta fermezza. Il bastone del comando. O la bacchetta magica. Sfumature caratteriali.
  • L: una poltrona languida, liscia, levigata. Pare che sia meglio se accavalli le gambe e sorrida.
  • M: che fatica! Sali, scendi, sali, scendi. Pare faccia bene ai glutei, è per questo che diventano di mmmarmo.
  • N: mh, no. Prima di dirlo devi salire, scendere e salire anche qui. Insomma, ti lascia un po’ di tempo e di fatica per decidere se dirlo. A volte ti prende per sfinimento.
  • O: resta qui. Non andare via. Qui, sì. Qui dentro.
  • P: “Perché mi baci il naso?” A voi non sembra chieda questo? La lettera delle domande le cui risposte sono spesso proprio vicine al nostro naso, ecco perché i baci. Per catturarle.
  • Q: Un resta qui che per sicurezza si posa, ché la O poi rischia di rotolare e i quando, spesso, hanno bisogno di molto sostegno.
  • R: il perché con la gamba, l’appoggio alle certezze, la lettera delle risposte. Per questo viene prima la P di perché e poi la R. Dovevo proprio svelarvi questo segretone.
  • S: quanti scivoli, quanti scivoloni. Quanti silenzi. Perché spesso si scivola e si va via in silenzio. Ci si nasconde tra le curve, in silenzio. Magari per spiare un po’ e per prendere tempo.
  • T: una I col tetto. Ché per toccare il cielo a volte bisogna beccarsi pure la pioggia, ed è meglio se ci cerchiamo un riparo.
  • U: la vocale inderminativa. Non specifica, non determina. Ti culla nell’incertezza.
  • V: l’incertezza della U che ha avuto una botta d’orgoglio e ha pensato di diventare una verità. Il problema però è che rischia di essere un po’ spigolosa, a volte.
  • Z: il trampolino che ti lascia la possibilità di scegliere se usare la scala. Magari poi ti viene sonno e zzzzz, ti accoccoli nell’angolino e riposi un po’, ché alla fine dell’alfabeto ci si sente anche un po’ stanchi.

Buone storie.

Raccontatene tante.

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