WhatsApp: guida pratica contro il fanqù terapeutico.

Chi di noi non usa WhatsApp? Pochi forse, pochissimi. E questi pochi, certamente, non lo usano pensando di salvarsi da una bella gastrite nervosa con triplo reflusso gastroesofageo avvitato a doppio nodo sulla faringe.

Perchè sì, WhatsApp è una cosa meravigliosa, ci mandiamo messaggini vocali stupidi, abusiamo allegramente e sfacciatamente di emoticon, invadiamo le conversazioni con plotoni di foto e video assolutamente imperdibili, ma nasconde delle insidie non proprio irrilevanti.

Come l’essere umano che lo utilizza.

Mo, io non voglio fare la solita dissacrante sgretola ovaie, ma ci sono davvero delle persone per le quali WhatsApp dovrebbe essere vietato. Con tanto di decreto ingiuntivo. Indi per cui ho pensato che fosse utile stilare un piccolo vademecum da fissare tra un neurone e l’altro.

whtasapp

Nell’era della comunicazione ossessivo compulsiva, WhatsApp rappresenta l’apostrofo verde tra il “mi fa piacere sapere che respiri ancora” e il “fanqù“. Nel mezzo giacciono tutte quelle cose che dovrebbero distinguerci da una trottola impazzita. Perchè se è vero che è bello essere iperconnessi con il globo terracqueo e usare il mezzo come veicolo delle nostre più recondite emozioni o delle nostre più subumane stronzate, è altrettanto certo che gli scassamaroni non piacciono a nessuno.

Come comportarsi quindi?

  • Evitare di scrivere mille micro messaggi: no, io non posso tollerare questa cosa. Sarò anche vecchia inside, ma sentir vibrare o cinguettare il cellulo all’impazzata, mi manda ai matti. Mi si erge una colonna di nervi che i messaggi di fumo del più cazzuto capo indiano al confronto sono piccoli fiammiferi. Se devi dirmi una cosa, fa’ che sia una e con un solo messaggio, al massimo due o tre, se questa è troppo lunga e fatichi a confrontarti con le tue sinapsi.
  • Non dire mai mai mai “sei online”: fatti i fattacci di casa tua. Questa cosa del visualizzato ma non risposto, delle mille spunte che indicano anche se hai espletato le tue funzioni fisiologiche, dell’ultimo accesso, non ti autorizzano ad entrare nella mia quotidianità, ammesso che tu non sia in serio pericolo di vita e stia per tirare gli ultimi. Io non salvo vite umane, figuriamoci quelle disumane in questione.
  • Non pensare di essere padrone del mio tempo: mi fa piacere cazzeggiare, ma non trascorrerò mai le mie giornate a whatsappare con te. Ho una vita. Faccio cose, vedo gente, sento voci, mangio cibo, bevo spritz, guardo telefilm, ascolto musica, leggo libri, posto cavolate. Tu no? Sai quanto me ne importa? “Una beata minchia.” Cetto docet.
  • Non mendicare e/o rivendicare risposte: ora, se vuoi proprio farmi girare vorticosamente le ovaie e sfidare le forze centrifughe e centripete, scrivimi: “mi rispondi?”. Il mio dizionario, a volte, non è proprio edulcorato, quindi sappi che stai correndo il rischio di essere mandato a raccogliere patelle sugli scogli dell’Asinara. Che poi, magari ti piace e ci rimani pure. Si spera.
  • Evita catene di ogni genere e sorta: sì, lo so, sembra impossibile, eppure ancora nel 2014 ci sono esseri umani sopra i 13 anni che lo fanno. Se si tratta di giochini carini, io il mio tempo posso anche consapevolmente donartelo e investire nella nostra amicizia tutta la scemità della quale sono capace. Se però, le catene in questione, sono quelle secondo le quali io debba inviare a nove persone lo stesso messaggio, compreso te se ti voglio bene, per fare avverare il mio desiderio d’ammmore, sappi che spezzerò quella catena e la farò roteare nell’aria finchè non colpirà proprio il tuo desiderio, che verrà deviato in Nuova Zelanda.

Non è difficile, vero?

Il post è finito, whatsappate in pace.

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4 commenti

  1. Ti seguo da poco, ma ho letto tutti i tuoi post. Questo però, secondo me, li batte tutti. Sarà che da maschietto mi coinvolge direttamente più di altri, in ogni caso brava!

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