Il peso della dignità.

Non era questo il post che volevo pubblicare oggi. Non erano queste le parole sparse qua e là nelle diverse bozze. Non erano questi i pensieri che avrei voluto fluissero nel mare magnum delle mie intenzioni.

Eppure eccoli qui. Prepotenti come il mare, furibondi come il vento, rumorosi come le foglie secche che mi piace calpestare.

Non è questo il target del blog, la nicchia a cui appartengo, come si dice nel gergo della comunicazione del web, ma chi se ne frega. Questa cosa è molto più importante, ed essendo questa casa mia, posso riservarmi il lusso ed il beneficio di raccontarmi senza riserve.

È successa una cosa atroce.

Nel napoletano, un ragazzino di 14 anni è stato violentato dopo essere stato deriso e insultato a causa del suo sovrappeso. Gli è stato ficcato un compressore nel culo, per dirla altrettanto atrocemente, fino a lacerargli l’intestino. E non solo quello, perchè ad essere lacerata è stata la sua vita. La sua speranza. La sua spensieratezza di adolescente che si affaccia alla vita e che ha il diritto inalienabile di essere ritenuta intoccabile.

Voi credete sia giusto avere il diritto di essere felici, vero? Beh, figuriamoci quanto questo sia doveroso per un quattrodicenne.

Così non è stato però. E non sarà mai più. Perchè alcuni balordi, giovani adulti, hanno deciso che lui non aveva questo diritto. Perchè è grasso. Perchè non è bello. Non è attraente. Non è figo. Non è tutta una serie di cose che, a quanto pare, si ha il dovere di possedere se si vuole campare senza troppi problemi.

Lo hanno deciso loro.

A me questa cosa spaventa da morire. Mi fa stare male. Perchè ad essere vulnerabili siamo tutti noi. Sono tutti i nostri difetti, la nostra necessità di essere accettati, il nostro bisogno endemico di essere amati, ancor prima che rispettati, forse. E per farci amare, a volte, finiamo per farci distruggere. Sempre perchè lo hanno deciso loro.

Mi fa male il cuore, se penso alla mamma che ora sta scomodando tutti i santi del firmamento per placare questo dolore. Mi fa male il fegato, se penso alla rabbia che mi causa sapere che i genitori di chi ha commesso la violenza hanno etichettato la cosa come una ragazzata. Mi fanno male i pensieri, se penso che questa disumana umanità è l’eredità che lasceremo alla Storia.

Mi fa male tutto. Tutto quello che viene trafitto dalle lame della malvagità. Tutto quello che sottostà all’impotenza e che vive la certezza di una pena non abbastanza dura per una simile depravata crudeltà. Tutto quello che mi fa credere che al mondo esistano persone che lì, davanti a quel circo dell’orrore, non hanno fatto nulla per impedire a quel ragazzo di morire dentro.

Mi fa male sapere di essere così cattiva nel desiderare il male per questi mostri e che questa cattiveria sgorghi libera e mi fluisca nelle vene sporcando il sangue buono.

Mi fa male dovermi rapportare col fatto che la dignità pare abbia un peso, e non quello specifico della grandezza di un uomo, che sarebbe normale, ma quello fittizio dell’adipe che ci avvolge. O che non ci avvolge, perchè alla società non va bene neanche questo.

dignità

Io so cosa vuol dire l’incertezza di non essere ritenuti all’altezza di un mondo che ci vuole belli a tutti i costi. So cosa vuol dire doversi sentire in obbligo di affermare altre capacità per farsi sentire. Ma sono stata fortunata, perchè sapendolo, ho costruito un’armatura difficilmente penetrabile dalla stupidità. E non è stato facile, perchè a lottare contro i mostri, devi essere forte. Tanto forte.

Sono stata fortunata, sì. E anche un po’ forte.

Oggi lo sono ancora un po’ di più. Esco senza trucco e anche con la tuta che mi fa il culone. So ridere di me stessa e sorridere delle mie imperfezioni. Cerco di godermi la vita e di mandare messaggi positivi a chi purtroppo è ancora schiavo dell’ululato dei fantasmi. Sono una donna in salute e, ok, ho delle morbidezze che fanno parte della mia costituzione e il mio metabolismo ha deciso che più forte di così non vuole andare, ma va bene così. Io sto bene. Io.

Chi non sta bene ora è quel quattordicenne strappato alla gioia di vivere. È la sua famiglia che dovrà trovare parole, abbracci, carezze, certezze e coraggio. Sono i suoi amici che dovranno fargli capire che al mondo non siamo tutti delle merde. I suoi insegnanti che dovranno sentire tutta la responsabilità di coeducare uomini degni di questo nome.

Qui ci sono solo io, davanti a molte domande che, ahimè, non credo troveranno risposte certe e immediate. Ci sono io che mi chiedo perchè, che sento la paura del pensiero di poter mettere al mondo un figlio da educare alla difesa prima ancora che al dialogo, che provo sgomento davanti a simili brutture e che non mi faccio una ragione del perchè, dopo secoli di gloriosa storia, poesia, meraviglia e progresso, la dignità umana debba ancora essere pesata come la farina.

È che forse devo ancora accettare che l’animo umano sia impalpabile proprio come la farina, che basti davvero poco a farlo volare via, nel bene o nel male, e che il seme della follia venga gettato al vento e trasportato ovunque.

So solo, a questo punto, che la dignità è il nodo tra l’essere uomini e l’essere umani. Sta noi scioglierlo o lasciare che ci strangoli.

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2 commenti

  1. l’accaduto è di una crudeltà e bestialità atroce …..
    ma il fatto che esistano persone come te …. mi lascia la speranza che forse non tutta l’ umanità è da buttare.

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