Oreste Patrone, quattro chiacchiere con uno scrittore al di sopra di ogni sospetto.

Questo è un blog fucsia, bianco e fucsia, non giallo. Perchè quindi inauguro la sezione interviste ospitando Oreste Patrone e il suo commissario Cazzavillani (ecco perchè ho scelto di giocare col titolo di un film che mi piace tantissimo)? Perchè a me Oreste è molto simpatico, perchè trovo che abbia una scrittura brillante e perchè, lavorando io per il web, ho pensato fosse interessante fermarmi a fare quattro chiacchiere con chi vi ha trovato anche un’occasione professionale oltre che di realizzazione concreta di una passione personale.

Oreste Patrone è l’autore delle storie del commissario Evaristo Cazzavillani. Ora, dimenticate la perfezione e lo charme dei Montalbani vari (lo avete fatto?) perchè il Cazza, di queste due virtù, non ne possiede neanche mezza, ma grazie alla bravura del suo ideatore, ti tiene incollato alle sue storie strappandoti quella risata in più e facendoti trascorrere un momento piacevole.

Non è necessario essere appassionati di gialli e polizieschi per leggere queste pagine, io non lo sono ad esempio, non ho mai letto una sola riga di Camilleri, eppure il commissario Cazzavillani a me è piaciuto tantissimo.

Oreste, innanzitutto benvenuto. Ti lascio subito la parola: nome, cognome e codice fischele (e già qui con Vieni avanti cretino ho perso ogni parvenza di serietà). Dicci qualcosa di te.

Mi chiamo Oreste Patrone (ma davvero vuoi il mio codice fiscale? Sarebbe la prima volta che me lo chiedono fuori da un ufficio pubblico. Comunque, se ci tieni: PTRRST76A31E098I). Come suggeriscono i sedici caratteri della sequenza sono nato il 31/01/1976 a Gorizia, dove tutt’ora risiedo e lavoro. Per trentasei ore alla settimana sono un funzionario di un ente locale e mi occupo di ambiente. Nelle restanti centotrentadue ore, quando non dormo e non mi dedico alle altre attività indispensabili a garantire la sopravvivenza e il decoro del corpo (considerate le mie abitudini alimentari e di vita, il decoro è il massimo a cui posso aspirare), corro dietro a mio figlio, sto con mia moglie, leggo, guardo la televisione e scrivo.

Come ti sei avvicinato alla scrittura? Scrittori ispiratori?

La prima volta è stato nel ’94, dopo aver letto “Intensity” di Dean Koontz. Sognavo di scrivere anch’io un romanzo capace di suscitare nel lettore le stesse sensazioni che lui era stato capace di suscitare in me. Scrissi cento pagine di una penosa scopiazzatura di “Intensity” in chiave paranormale, una cosa orrenda. Per fortuna non esiste il reato di scrittura colposa, altrimenti sarei stato condannato e giustiziato seduta stante. Lo abbandonai e non ci pensai più per anni. Qualche anno fa feci leggere a una mia amica le bozze di una storia che avevo in mente da tempo, ma che non avevo portato avanti per pigrizia, e le piacquero. È stata la prima persona che abbia creduto in me. Così mi sono messo e l’ho riscritta da capo, questa volta fino alla fine. Faceva ancora parecchio schifo, così l’ho riscritta una seconda volta, poi una terza… alla sesta riscrittura non era male. Avevo trovato il mio stile. Da allora non ho più smesso di provarci. Scrittori ispiratori tanti. Tieni presente che sono diventato un lettore forte dopo i vent’anni, che non conosco la maggior parte degli autori dei classici e che 9 volte su 10, quando qualcuno cita uno scrittore le cui opere sono considerate i capisaldi di un genere letterario, puoi stare certa che io non lo conosco. L’esempio tipico di una conversazione in materia di libri con il sottoscritto si può riassumere così: “Tu avrai letto sicuramente TIZIO.” “Veramente, no.” “Ma come, quello che ha scritto LA TAL OPERA.” “Ah, quello! No.” “Ma come, tu scrivi IL TALE GENERE LETTERARIO e non hai letto TIZIO.” “Hai ragione. Giuro che non lo faccio più.”

Perchè, essendo nato e cresciuto a Gorizia, hai scelto il sud Italia come ambientazione dei racconti di Cazzavillani?

I miei genitori sono napoletani; pur vivendo al nord ho vissuto immerso nella cultura, nelle abitudini e nella lingua di giù. Quando ho iniziato a pensare alle prime storie mi è venuto naturale immaginarle in Campania. Ho scelto Caserta e non Napoli perché quest’ultima mi sembrava già sufficientemente popolata di commissariati e questure di fantasia, e poi perché volevo esplorare una provincia forse meno nota ma altrettanto bella, che è per l’appunto quella di Caserta. Teresina a Mare è la trasposizione in chiave umoristica di una città alla quale sono molto affezionato, Mondragone, dove mio zio possedeva una piccola casetta di vacanza e dove ho trascorso dei bei momenti. Teresina è più piccola, ma insomma l’ispirazione è venuta da lì.

Ti ricordi il momento in cui è nato il Cazza?

Nacque un giorno mentre mi trovavo in fila ad un ufficio postale. Non mi passava niente e cominciai a guardarmi attorno. C’erano tante di quelle situazioni che potevano offrire spunti per un racconto che non ti dico: dall’impiegata scorbutica agli anziani che discutevano di politica, dal ragazzo vestito come il modello di una sfilata all’anziana col carrellino della spesa che si aggirava in mezzo alle persone in attesa dispensando sorrisi a destra e a manca come se fosse stata una festa. M’immaginai una persona come me, costretta suo malgrado a interagire con quell’umanità variegata e stramba, ma con un carattere irascibile e un sarcasmo pungente. Nacque così la bozza del primo racconto “La fila alle Poste”. Cazzavillani lo presi da un elenco di cognomi pescato da Internet. Fu un colpo di fulmine.

Una delle prime volte che ci siamo scritti ti sei definito “cavernicolo” rispetto all’utilizzo delle nuove tecnologie e nell’approccio alle nuove professioni online. In virtù di ció, come ti sei avvicinato alla pubblicazione su Amazon?

Ricordo. In effetti sono così: riluttante a lasciare le cose che conosco per avventurarmi nelle novità. La mia è soprattutto pigrizia, in verità. Ad ogni modo, per quanto riguarda l’autopubblicazione su Amazon ho cercato prima qualche informazione online (ci sono blog e siti internet fatti molto bene che ti spiegano le cose passo-passo), poi ho creato l’account e sono partito per l’avventura. La necessità ha vinto sulla pigrizia, insomma. Devo dire tuttavia che ho potuto contare sull’aiuto e la pazienza di una persona come Marco Siena, che mi dava in tempo reale le risposte a tutti i miei quesiti e mi ha aiutato a superare le difficoltà quando c’era qualcosa che non capivo. Gliene sono grato ancora oggi.

Questo tuo ultimo ringraziamento mi ha fatto pensare ad un aspetto di cui si sta molto parlando ultimamente su internet: il networking. Tu come vivi questa dimensione ora che sei uno scrittore pubblico e come ti rapporti alla rete che man mano ti si sta costruendo attorno?

Chi l’ha detto che sono uno scrittore? È perché scrivo? Bastasse solo questo a fare di me uno scrittore! Credo fermamente che essere qualcosa – qualsiasi cosa – per la natura stessa del verbo che accompagna la frase – essere – sia una condizione che deve inverarsi dall’interno della persona, un’affermazione che conclude un percorso di crescita. Quella parte del mio percorso nella scrittura che porta all’affermazione “ok, sono uno scrittore” sento che non è ancora conclusa (e non so se si concluderà mai, spero di sì). Questo non vuol dire che non mi faccia piacere essere riconosciuto come tale da chi mi ha letto e mi ha apprezzato, è una cosa di cui li ringrazio dal profondo del cuore anche se un po’ m’imbarazza. Ma nel mio intimo, ho una visione delle cose diversa. Detto questo, vivo questa dimensione come vivo tutto il resto (a parte la cosa dello scrittore): con leggerezza, senza farmi troppi problemi. Non mi piace l’idea che la rete si riduca a un strumento per scambiarsi utilità e favori. Credo nella rete nella misura in cui nasce spontaneamente e si consolida sulle stesse basi che caratterizzano le reti sociali al di fuori di Internet: l’amicizia, il rispetto, la solidarietà e l’educazione. Se poi questi rapporti possono essere d’aiuto per superare una difficoltà, non ci vedo niente di male. Semplificando all’osso: se fossi per strada e la mia auto si fermasse, non ci vedrei niente di male nel chiamare il mio amico meccanico per farmi aiutare; è cercare di farsi un amico meccanico perché la macchina potrebbe fermarsi un giorno, che mi rifiuto di fare.

Sei soddisfatto della tua esperienza di self publishing? Cosa consiglieresti a chi vorrebbe provarci?

Sì, abbastanza. Consiglierei di prendere la cosa molto sul serio (più di quanto ho fatto io all’inizio). Un autore che sceglie di pubblicare un’opera, che lo faccia con una casa editrice o con una piattaforma di self publishing, si prende un impegno con i suoi lettori potenziali. I lettori investono il loro denaro nel tuo lavoro, hanno il diritto di essere trattati con rispetto. Perciò siate onesti, siate rigorosi, siate rispettosi. Perché è vero che i lettori sono come i fattori della selezione naturale, che premiano l’autore che merita di sopravvivere e di riprodursi e bocciano gli altri, ma non è sempre così a causa dell’uso poco onesto che fanno alcuni degli strumenti di promozione. In questo modo, si getta una cattiva luce su tutto il sistema; ma soprattutto si prendono in giro i lettori. E questo non è giusto.

Ogni scrittore ha i propri riti, i propri feticci, le proprie abitudini. Tu come vivi la tua dimensione da scrittore? Ascolti qualcosa in particolare? Hai bisogno di silenzio? Cosa stimola maggiormente la tua creatività?

Male, te l’ho già detto (sto scherzando). Sono molto abitudinario. Non riesco a scrivere senza il mio portatile Toshiba, che è vecchio e mal ridotto, ma è l’unico con cui mi trovi bene. Uso solo il font Georgia, qualunque altro inibisce la mia capacità di elaborare frasi più lunghe di tre parole più banali dei pensierini dei bambini delle elementari. I margini della pagina sono sempre 3 o 3,5 cm. Se accavallo le gambe mentre scrivo, dopo un po’ mi blocco. Non ascolto mai musica perché mi distrae, se potessi scriverei in un camera anecoica. Quando mi blocco su una frase ho la tendenza a far finta di niente mettendomi a cazzeggiare su facebook, ma sto cercando di smettere. La mia creatività è stimolata maggiormente dalla realtà che mi circonda, ma trovo molto produttive le conversazioni con i miei amici che amano scrivere o leggere. Conversazioni vere, non sessioni di chat.

Se Cazzavillani fosse un piatto quale sarebbe? Una canzone, un Paese, un vizio e una virtù?

Sul primo non ho dubbi: la pasta al forno che cucina mia madre, con la ricotta e le polpettine.

Una canzone… credo un classico jazz, magari “I’ve got you under my skin” di Cole Porter.

Se fosse un Paese, senz’altro l’Italia con tutte le sue contraddizioni.

Un vizio, il fumo.

Una virtù… Eh, vagliene a trovare una! Dovendo osare, direi quella punta di umanità che a tratti ne ingentilisce il carattere cinico e disincantato. In fondo, Cazzavillani cerca meglio che può di proteggersi dal mondo esterno, come facciamo tutti, ma sotto sotto non è una cattiva persona.

Le storie di Cazzavillani hanno riscosso molto successo. Cos’hai in mente per il prossimo futuro?

Non lo so, sto valutando varie strade. Riguardo al Cazza, vorrei chiudere i due lavori in corso che ho in piedi (un trittico di racconti lunghi e un romanzo) e poi pensarci. Quando ho ancora i ferri in acqua non ci riesco.

Un grazie a…

  • una persona: mia moglie, perché mi ha insegnato che sognare e stare con i piedi per terra sono due cose che non si escludono a vicenda. Se posso, ne vorrei aggiungere un’altra: Ivo Tiberio Ginevra, che un giorno mi chiamò per dirmi “non lo mollare questo personaggio (parlando di Cazzavillani), è forte!”
  • un artista: J-Ax
  • un momento della tua vita: la nascita mio figlio
  • un mentore: Alberto Custerlina, che mi ha insegnato la differenza tra scrivere una cosa e sapere perché la stai scrivendo. Lui non ha colpa se non ho capito.
  • un pensiero: fare o non fare, non esiste provare.
  • un sogno: un’Italia che possa rivendicare il proprio posto in Europa e nel Mondo non sulla base di chiacchiere, ma di fatti.
  • una tua qualità: la coerenza. Quasi sempre.

Ringrazio nuovamente Oreste per essere stato mio ospite e a voi lascio il link della pagina Facebook del Commissario Cazzavillani consigliandovi ancora questa lettura.

Qualcuno invece lo ha già letto?

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