Yves Saint Laurent: perchè vedere il film.

Ieri sera sono andata a vedere al cinema “Yves Saint Laurent“, biopic del regista Jalil Lespert sullo stilista, appena uscito nelle sale italiane.

Premetto che sapevo poco o nulla della vita privata di YSL. Sapevo che era un collezionista d’arte, che era omosessuale, ma il gossip si fermava davanti alla maestosità di un genio creativo che ha rivoluzionato l’immagine e l’immaginario della donna, ponendola nella virtuosa posizione di indossare abiti forieri di quel potere che la consapevolezza di essere belle ti fa sperimentare.

Premetto anche che mi ero informata pochissimo prima di andare al cinema, avevo solo letto una trama decisamente risicata e che quello che ho visto è stato molto diverso da ciò che mi aspettavo. Ma questo perchè, come ho detto appena piu su, della sua vita io sapevo ben poco.

Il film non è di quelli che colpiscono al primo fotogramma, anzi, la prima parte potrebbe sembrare quasi sottotono, ma il crescendo del pathos che per 100 minuti, a piccoli respiri, accompagna chi guarda, fa sì che ci si possa calare nella storia in maniera totale e quasi inavvertita, complice anche l’imponente e meravigliosa colonna sonora. Apprezzatissima la visione senza intervallo.

Perchè quindi andare al cinema a vedere “Yves Saint Laurent“?

Perchè ci consente di scandagliare quei fondali umani troppo spesso coperti da sabbia e fango senza cadere nella facile retorica di luoghi comuni come genio-sregolatezza, stilista-omosessuale, omosessualità-vita promiscua. Certo, ci appare anche questa immagine di Yves Saint Laurent e del suo mondo, ma è raccontata così bene e intimamente da non suscitare imbarazzo o stanchezza.

Mi è piaciuto molto il non esaltare eccessivamente l’immagine di un genio, ma lo sfumare il dipinto di un uomo schivo e fragile, scosso dalla chiamata alle armi e preda delle danze sfrenate dei demoni che abitavano la sua mente. Un uomo che ha vissuto tutta la sua vita accanto all’unica persona che ha reso possibile la concretizzazione del suo talento, perchè nell’elogio della creatività di YSL bisogna necessariamente ricordare Pierre Bergè, compagno di vita e socio fondatore della maison. Un’unione costellata da tradimenti ma anche da profonda stima e appassionato amore, di quelli viscerali ed eterni che, nonostante tutto, ti danno la certezza di poter contare su chi hai accanto.

Impeccabile Pierre Niney nell’interpretazione dello stilista, tic e vizi comportamentali compresi. Degna di nota anche la bravura del regista nel non cedere alle lusinghe di una storia che poteva facilmente essere farcita da scandali e morbosità.

Nonostante la brutalità di alcune esperienze, ho trovato nel film un omaggio alla Bellezza. Alla sua eternità. Che si tratti di un meraviglioso abito d’alta moda, dell’eleganza di uno sguardo, di un bacio rubato ai tramonti di Marrakech, del profilo marcato di una statua greca o di una mano vecchia e stanca che ancora traccia abilmente le linee di un abito, poco importa.

Ciò che resta è la Bellezza. La sua digressione voluttuosa eppure innocente negli occhi di un uomo che ha avuto la grazia di essere un genio.

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